Rc Auto: assicurazioni a rischio stangata in caso di lite temeraria
Rischiano una pesante condanna per “lite temeraria” le imprese
assicurative che invece di procedere alla liquidazione del danno scelgano di
resistere in giudizio senza aver alcun elemento in mano. Con una sentenza
“esemplare” depositata il 10 dicembre 2015, n. 2428, infatti, il Tribunale di
Tivoli ha condannato le compagnie assicurative dei due veicoli responsabili al
pagamento delle spese aggravate (ex articolo 96 ultimo comma del c.p.c.) «per
un importo per ciascuna assicurazione pari al quadruplo delle spese processuali»,
già liquidate nella «misura massima» di 25mila euro nelle mani dell’avvocato
antistatario.
Il caso – La vicenda originava dall’investimento di un pedone mentre
attraversava la via Tiburtina ad opera di una Fiat punto che procedeva ad alta
velocità. L’autovettura veniva poi tamponata da un’Audi così «spingendola a
salire sulla vittima con la scocca». Per il tribunale la causa del sinistro era
da rinvenire al 95% nella velocità «non adeguata» del conducente della prima
auto e solo «marginalmente» (5%) era da attribuirsi al veicolo sopraggiunto. A
seguito di una Ctu il danno riportato dal giovane travolto sulla strada – che
aveva subito diversi interventi chirurgici – veniva liquidato in 213mila euro
con «personalizzazione massima».
La motivazione – Il giudice però ha anche condannato gli istituti
assicurativi al pagamento delle spese aggravate per lite temeraria, «in quanto
è evidente che hanno resistito in giudizio senza aver liquidato il danno che,
stante le competenze della compagnia, certamente era ben noto alla parte».
Inoltre, «nella rappresentazione dei fatti hanno enfatizzato elementi del tutto
trascurabili o addirittura equivoci (è sufficiente pensare che la strada non
era dotata di strisce pedonali, sicché non ha traversato “al di fuori di
strisce pedonali” ma in “assenza delle stesse”)». Mentre lo status di straniero
senza fissa dimora «è notoriamente elemento che gioca a sfavore della vittima,
come certamente noto alle compagnie assicuratrici, che difficilmente avrà
accesso alla giustizia». Per queste ragioni il tribunale ha stimato «equo
condannare ogni compagnia assicuratrice a pagare una somma pari al quadruplo
delle spese legali».
Del resto, prosegue la sentenza, l’istituto delle spese aggravate è
finalizzato «a disincentivare le cause defatigatorie e strumentali e deve
essere parametrato alla capacità ed alla forza giuridica della parte ed alla
posizione di vantaggio che parte colposamente resistente vanta nel confronti
dell’avente ragione». In questo senso non può sottacersi, argomenta il giudice,
«l’esistenza di un enorme contenzioso che vede soccombenti le compagnie
assicuratrici e che è generato — con tutta evidenza — da intenti defatigatori,
nel palese tentativo di indurre le parti ad accettare somme inferiori al dovuto
in tempi brevi o, al contrario, dover sottostare ai lunghi tempi della
giustizia e, non da ultimo, al rischio di errori processuali».
E «la tolleranza di tali comportamenti si tradurrebbe, inevitabilmente, in un vantaggio economico che, in un’ottica imprenditoriale, è destinato sempre e comunque ad alimentare il contenzioso». In ultimo il tribunale rammenta che tale somma «non essendo tecnicamente una spesa processuale, compete direttamente alla parte e non al difensore».
E «la tolleranza di tali comportamenti si tradurrebbe, inevitabilmente, in un vantaggio economico che, in un’ottica imprenditoriale, è destinato sempre e comunque ad alimentare il contenzioso». In ultimo il tribunale rammenta che tale somma «non essendo tecnicamente una spesa processuale, compete direttamente alla parte e non al difensore».
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